Nelle antiche terre valorizzate dalla Fondazione Patrimonio Ca’ Granda, a pochi metri dall’Oratorio di San Vincenzo a Sesto […]
Circondato dai campi e avvolto nei colori di tulipani, gelsomini, camelie, azalee e giacinti, il Ristorante Al Garghet era, in origine, una gendarmeria spagnola e, in tempi più recenti, è divenuta fornace e poi balera fuori porta.
Nel dialetto milanese, il termine “garghet” indica il gracidare delle rane e, in effetti, tutto in questo luogo fa immergere nella suggestiva atmosfera della campagna: dai pergolati che sovrastano i tavoli all’aperto, alle sedute in pietra, ai sassi che ricoprono il cortile, fino agli arredi interni tutti in legno.
Cavallo di battaglia del Garghet è la celebre cotoletta, proposta in due versioni: quella preparata secondo la ricetta di famiglia (di lonza, larga e ben battuta); e quella classica – citata da Pietro Verri nella sua Storia di Milano – rigorosamente di vitello, di spessore pari all’osso e cotta nel burro.
Al Garghet si gustano i piatti stagionali della vera tradizione lombarda che rispecchiano la secolare storia regionale nelle influeze francesi, austriache e spagnole della cucina, lasciando anche spazio alle soluzioni vegetariane.
ll menù è scritto a mano, in dialetto milanese (con traduzione) e presentato ai tavoli in quelli che sembrano i quaderni di una volta delle scuole elementari.
L’atmosfera poi è incantevole, in mezzo alla campagna, lontano dal frastuono della città, come dice nel suo libro la proprietaria Emanuela Cipolla: “Quando i miei ospiti mi dicono che entrare nel mio ristorante è come vivere in una fiaba, credo di aver raggiunto il mio obiettivo iniziale: creare un luogo dall’atmosfera fatata”.